
Che i caregiver familiari siano diventati una realtà ben consolidata in Italia è un fatto indiscutibile.
Se fino a qualche anno fa si trattava di un gruppo rimasto in sordina, dallo scorso anno il problema di “prendersi cura di chi si prende cura” della propria famiglia è invece entrato a far parte della quotidianità delle aziende, ma anche dei progetti di governo.
Concentriamoci però sui primi soggetti coinvolti nel sostegno ai caregiver informali che, ricordiamolo, sono spesso anche dipendenti di un’azienda.
I caregiver hanno una doppia vita, divisa tra i propri obblighi lavorativi e quelli familiari. Presa coscienza di questa aumentata necessità di supporto, sono diverse le imprese che hanno riformulato le proprie strategie di welfare aziendale per includere azioni di sostegno specifiche volte proprio ai dipendenti che svolgono anche il ruolo di caregiver all’interno della propria famiglia.
Qualche sforzo si vede, ma siamo ancora lontani dall’offrire un aiuto concreto e sostanziale.
In molti casi, infatti, nel welfare sono ancora del tutto assenti delle azioni di ausilio concreto ai caregiver, come ad esempio la possibilità di usufruire di servizi di supporto familiare a carico dell’azienda, o sostegno psicologico per i caregiver in difficoltà nel bilanciamento della propria energia quotidiana.
Quando ci sono, poi, non vengono sufficientemente incoraggiati e sponsorizzati tra i dipendenti, che nemmeno sanno dell’esistenza di programmi di sostegno ai caregiver nei programmi welfare dell’azienda per cui lavorano.
Eppure, questo problema non è solo del lavoratore. Un caregiver stanco, demotivato, privo di spazi e tempi per sé stesso, diventa una persona priva di energia e voglia di lavorare.
Spesso deve assentarsi dal lavoro per ricaricarsi, o lavora al minimo della propria produttività proprio perché non riceve alcun aiuto, alcun sostegno dalla propria azienda. Le caregiver donna, che costituiscono la maggioranza nell’ambito dell’assistenza familiare, rinunciano a ore di lavoro, passando ai part-time, se non direttamente al lavoro stesso, licenziandosi.
Questo comporta una grave perdita per l’impresa che ha assunto, formato e investito in un lavoratore o una lavoratrice, che ha avviato dei progetti tenendo conto dell’alta qualità di lavoro garantita dal proprio personale ma che, per ragioni legate alla sua sfera privata, si sono ridotte sensibilmente nel tempo.
Piano welfare aziendale per i caregiver
Come può un’impresa aiutare realmente i propri dipendenti caregiver? Le risorse e gli strumenti ci sono, ma prima di tutto è necessario rendersi conto di quanto siano diffusi i caregiver nel proprio tessuto di collaboratori.
Una recente ricerca americana ha evidenziato come il 52% dei datori di lavoro non sia nemmeno a conoscenza del doppio ruolo di lavoratore e caregiver dei propri dipendenti. Non sanno cosa il loro collaboratore stia passando, né a quale stress fisico e psicologico è sottoposto quotidianamente.
Questo è già di per sé un grave fattore. Significa non tenere in considerazione le reali necessità di chi lavora per loro e partecipa alla ricchezza dell’azienda.
Chi è addetto alla gestione del welfare aziendale non può limitarsi ad accettare solo delle richieste specifiche, ma deve assicurarsi che tutti i servizi offerti siano noti ai lavoratori per far sì che possano farsi avanti e chiedere aiuto.
Interviste, incontri, aggiornamenti periodici e un censimento delle cure sono utili a tenere viva la struttura del welfare, ad adattarla alle necessità specifiche del periodo che stiamo vivendo e a sostenere il dipendente nella gestione della sua vita quotidiana.
Anche perché, se manca questo senso di supporto, gli stessi lavoratori tendono a nascondere la loro natura di caregiver per paura di perdere il lavoro o di subire delle conseguenze a livello lavorativo, come una riduzione delle mansioni o del livello di responsabilità aziendale acquisito con tanti sforzi.
È indispensabile quindi coordinare la comunicazione del welfare aziendale per far sentire il proprio sostegno a chi offre assistenza gratuitamente nel proprio ambito familiare; così è più facile proporre delle soluzioni, all’interno del welfare, che possano davvero supportare il caregiver.
Il servizio Audit Care di LianeCare offre la possibilità di conoscere a fondo la vita e le esigenze dei caregiver informali delle aziende, attraverso una profilazione accurata dei loro bisogni personali. È un primo passo per conoscere davvero le difficoltà dei propri collaboratori.
Benefit welfare aziendale caregiver
Cosa può fare nel concreto un’azienda che vuole sostenere i dipendenti caregiver informali?
Quali forme di aiuto può creare per loro?
A questa domanda, LianeCare risponde con dei servizi destinati alle caring company per agevolare la vita dei propri collaboratori/assistenti familiari.
Tra questi rientrano:
- TalkNow: è un servizio di supporto psicologico messo a disposizione dei dipendenti che faticano a trovare un equilibrio tra la propria vita personale, quella professionale e il ruolo di caregiver. Gli incontri avvengono online e le prenotazioni sono del tutto anonime, gestite attraverso una piattaforma che protegge la privacy del dipendente;
- CareFinder: mette in collegamento i caregiver informali con personale qualificato a sostituirli in caso di impossibilità a prendersi cura dei propri cari. Tra le figure rientrano badanti, babysitter, infermieri e anche dogsitter, per una cura a 360° della propria famiglia, tutti opportunamente formati da LianeCare per svolgere al meglio la propria mansione.
- CareAcademy: i percorsi di formazione e sostegno ai caregivers aziendali per aiutarli ad affrontare questo ruolo e gestire al meglio il work-life balance, grazie ad uno spazio di dialogo e confronto su tematiche spesso inespresse ma che generano un forte impatto sulla produttività del lavoro.
Vuoi trasformare la tua azienda in una caring company? Contattaci per conoscere tutti i nostri servizi e definire i migliori aiuti che puoi fornire ai tuoi collaboratori.