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16 Febbraio 2023 |

Fiducia aziendale, per migliorare il rapporto con i dipendenti

Le attività imprenditoriali di successo si basano principalmente sulla capacità di creare relazioni e su processi di comunicazione aziendale focalizzati sul rispetto e la fiducia sperimentabili sul luogo di lavoro. Che si tratti di connessioni reciproche tra dipendenti, manager, membri dello staff e consumatori, le alternative relazionali sono molteplici e qualificano, di comune accordo, la fiducia aziendale quale elemento cruciale di qualsiasi performance di mercato.

Le imprese attente allo sviluppo delle risorse umane e contestualmente favorevoli ad alimentare una stima reciproca nei lavoratori affrontano con positività anche la sfida comune della crescita del benessere organizzativo aziendale. Le aziende, infatti, che guardano con interesse allo sviluppo sociale e professionale delle proprie comunità hanno più probabilità di distinguersi nell’agone economico e hanno una prospettiva di crescita più ampia in relazione agli obiettivi prestabiliti.

Facendo leva sui processi di collaborazione aziendale e su meccanismi di concentrazione estensiva del lavoro in team, le imprese riescono ad aumentare la produttività e a ridurre notevolmente i costi gestionali.

I dipendenti si fidano dei propri leader?

Una recente ricerca, elaborata su scala mondiale sulla generazione Z e sui millennials del 2022 da Deloitte, segnala che quasi due Zoomer e Millennials su cinque dichiarano di aver rifiutato un’offerta di lavoro perché lontana dalle aspettative e dai valori dei candidati stessi.

Un risultato che delinea una prospettiva deludente sui rapporti fiduciari tra datori di lavoro e dipendenti: solo il 18% della Gen Z e il 16% dei Millennials sostiene che il proprio ‘capo’ sia impegnato qualitativamente a combattere i fenomeni di degenerazione ambientale, ad esempio. Coloro che, invece, dichiarano una certa soddisfazione per il contributo dei datori di lavoro sulle tematiche sociali, ambientali e sugli sforzi compiuti per generare una cultura aziendale diversificata e inclusiva, maturano una propensione maggiore a rimanere ancorati alla loro azienda per più di 5 anni.

Assistiamo, pertanto, a uno stato di dissonanza cognitiva sociale che si manifesta primariamente nell’incapacità di determinare ciò che i dipendenti vogliono e quello che, invece, i datori di lavoro sono disposti a offrire.

Inclusa da Robert Plutchik tra le otto emozioni primarie, la fiducia si costituisce alle fondamenta di tutte le relazioni, comprese quelle tra datore di lavoro e i suoi dipendenti. Da un lato, i manager confidano nelle capacità, nelle competenze e nella produttività dei dipendenti; dall’altro, i lavoratori sperano simultaneamente nella lungimiranza della dirigenza, impegnata a sua volta a creare le basi per una costante crescita professionale e un benessere aziendale in grado di ripercorrere orizzontalmente l’intera struttura organizzativa.

Un rapporto di fiducia consistente tra le due parti è indispensabile per l’istituzione di organizzazioni resilienti, positive e capaci di generare performance che restituiscano risultati di lungo periodo. Una ricerca, condotta nel 2016 da Paul Zak, direttore del Center for Neuroeconomics Studies, dimostra che i dipendenti provenienti da una corporate culture a elevata fiducia hanno guadagnato:

  • 74% di stress in meno;
  • 106% di energia in più;
  • 50% di prestanza in più.

In particolare, lo studio specifica che i dipendenti hanno maturato il 13% in meno di giorni di malattia, il 40% in meno di burnout, e il 20% in più di employee satisfaction.

L’importanza del ‘trust management’ in azienda

La fiducia è il presupposto di ogni (sano) rapporto: lega le persone, rafforza i legami, favorisce processi di scambio e di collaborazione aziendale. È il fattore dal quale scaturiscono aspettative, coinvolgimento, visioni di lungo periodo. Concede, pertanto, la possibilità di compiere performance all’interno di uno spazio emozionale dal quale è possibile accedere a infinite opportunità di crescita e sviluppo.

All’estremo opposto, i collaboratori che nutrono poca fiducia nelle intenzioni dei colleghi e leader sembrano poco intraprendenti e scarsamente propensi ad esprimere efficacemente la potenzialità delle proprie azioni. Ad oggi, inoltre, con il progressivo ricorso allo smart working risulta sempre più complesso il tentativo di creare rapporti di fiducia con il proprio team.

Il conto corrente emozionale e il concetto di reciprocità

Fino a poco tempo fa, la fiducia veniva osservata da una prospettiva estremamente superficiale che tendeva a considerarla una soft skill secondaria. Solo in tempi recenti i leader delle organizzazioni hanno acquisito consapevolezza dell’importanza dello strumento e dell’irrinunciabilità del progetto di creare una cultura aziendale regolata primariamente dalla fiducia.

Oggi parliamo di trust management, comunemente definito come gestione della fiducia: un obiettivo gestionale da circoscrivere e trattare con interesse, continuità e responsabilità.

Prima di procedere alla definizione di una cultura aziendale che consideri la fiducia come elemento trainante di ogni processo di gestione organizzativa, è necessario comprendere i meccanismi che la disciplinano.

  • Reciprocità

Secondo il principio di reciprocità chi dà fiducia, prima o poi, ne riceve indietro. All’interno di un’azienda, il leader deve proporsi quale promotore di questo processo, concedendo fiducia verso i dipendenti e delegando proattivamente sempre più incarichi di responsabilità. Non si tratta, chiaramente, di un meccanismo immediato: costruire le basi di un rapporto fiduciario tra dipendenti e leader richiede tempo, attenzione e costanza.

  • Il conto corrente emozionale

Stephen Covey, autore de Le sette regole per avere successo, ritiene che il conto corrente emozionale equivalga alla fiducia maturata, nel corso del tempo, in una relazione. Il meccanismo è semplice: quando  inciampiamo in errori relazionali – come con un qualsiasi conto corrente bancario condiviso – preleviamo capitale fiduciario, mentre tramite azioni giuste lo guadagniamo. Precisione e serietà sono “comportamenti-deposito”; “i comportamenti-prelievo” si manifestano, invece, con scarsa puntualità e mancanza di rispetto. Pertanto, manager e collaboratori, con i loro rispettivi prelievi e depositi, contribuiscono al bilancio del conto corrente emozionale dell’intero team.

La pandemia ha sicuramente cambiato le modalità con le quali le imprese si trovano a rispondere alle esigenze di assistenza, comprensione, formazione e conciliazione vita-lavoro delle proprie comunità. Si tratta di un evento dalle dimensioni non trascurabili che ha comportato, allo stesso tempo, la trasformazione dei servizi welfare offerti per assecondare le innumerevoli rivendicazioni da parte dei lavoratori dipendenti.

Capita, pertanto, che alcune esigenze tradizionalmente riconosciute, come il bisogno di ricevere un sostegno ai collaboratori impegnati nel ruolo di cura e assistenza familiare, acquisiscono una portata non marginale in relazione alle ordinarie dinamiche interaziendali. Il welfare aziendale è quindi chiamato a effettuare interventi più strutturali per venire incontro al benessere collettivo dei collaboratori e delle loro famiglie.

LianeCare si pone quotidianamente l’obiettivo di sostenere i lavoratori dipendenti mediante servizi mirati di supporto alla vita lavorativa. Con AuditCare è possibile fornire alle aziende strumenti qualificati per supportare i propri collaboratori nella gestione delle responsabilità di assistenza, in modo da ridurre i costi e aumentare la produttività, rispondendo contestualmente alle necessità aziendali.

L’Audit rende, pertanto, quantificabili le esigenze dei dipendenti impegnati in attività di caregiving e di assistenza, individuando i migliori servizi di welfare da attivare per la creazione di una cultura del caring nella quale i lavoratori possano continuare a crescere anche professionalmente.

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