09 Febbraio 2023 |

Normativa Esg, nuova direttiva sulla sostenibilità aziendale

Il 28 novembre 2022 il Consiglio Europeo ha ratificato definitivamente il disegno relativo alla nuova normativa riferita alla comunicazione delle corporations sul tema della sostenibilità, aggiungendo di fatto una tessera in più a un puzzle direttivo già complesso che, osservato da un approccio olistico, rende necessario il ricorso a un paradigma di sviluppo inevitabilmente originale.

Il nuovo testo contestualizza la strategia europea all’interno di un quadro in evoluzione e delinea evidenti congiunture che si pongono in discontinuità rispetto al passato.

Il campanello d’allarme da parte dell’intero Globo, lanciato da Sharm el-Sheikh, in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici ha evidenziato la necessità di concettualizzare la materia della sostenibilità sulla base del più ampio fronte economico e finanziario.

Il richiamo all’immediata difesa del Pianeta, in tema di emergenza climatica, proveniente dalla COP 27 non fa altro che sottolineare, infatti, la rilevanza dell’ESG – Environmental (ambiente), Social (società) e Governance – quale parametro di valutazione del livello di responsabilità ambientale, del rispetto dei principi valoriali definiti dalle imprese e della propensione delle stesse ad operare in totale trasparenza e scrupolosità.

L’ESG, pertanto, rappresenta uno strumento predominante e fondamentale nella definizione dell’impegno etico assunto dalle aziende e da cui deriva la loro stessa percezione globale e pubblica.

È facile da intuire come il profitto e il margine operativo non siano gli unici termini di raffronto nel tentativo di valutare efficacemente l’eventuale posizione di prestigio dell’impresa rispetto alle percezioni del mercato e delle persone. Oggi il contesto imprenditoriale è messo duramente alla prova, considerate le esigenze espresse in materia di sostenibilità. L’ESG, soprattutto nei tempi recenti, è riuscito difatti a guadagnare un ruolo egemonico tra i KPI valutati positivamente dagli investitori e azionisti.

Al punto che, da qualsiasi prospettiva si osservi la tematica, appare chiaro come la rilevanza dell’ESG sia destinata a espandersi nel prossimo futuro, in vista dell’obiettivo di un’economia zero emissioni e resiliente al clima da raggiungere, secondo le previsioni della Commissione europea, entro il 2025.

Csrd, la normativa europea ESG

Per raggiungere lo scopo imposto dalla Commissione, l’Unione Europea ha promosso un piano di interventi suddiviso quattro stadi normativi:

·        la Corporate sustainability reporting directive (Csrd);

·        la Sustainable finance disclosure regulation (Sfdr);

·        la EU Taxonomy regulation;

·        la Low-carbon benchmark regulation.

Per costruire le fondamenta dei suddetti strumenti di misurazione europea della sostenibilità, la Commissione ha affidato all’Efrag il compito di definire le linee guida contabili indispensabili per la rendicontazione dei bilanci aziendali in ottica ESG. L’incarico non è di certo tra i più semplici da portare a termine, considerando le aspettative della Commissione Europea che intende adottare gli standard di valutazione entro il 30 giugno 2023.

In pratica, all’Efrag è stata assegnata la funzione di determinare parametri comuni e standardizzati funzionali alla misurazione dell’impatto ambientale e sociale delle aziende anche in vista della Csrd, di recente costituzione, approvata dal Parlamento di Strasburgo il 10 novembre 2022 e di cui si è tenuta la valutazione del Consiglio Europeo lo scorso 28 novembre.

La Csrd è la direttiva di valutazione della sostenibilità aziendale che nasce in sostituzione della cosiddetta Nfrd (Non Financial Reporting Directive) alla quale dovranno conformarsi necessariamente le imprese di grandi dimensioni e quelle quotate in mercati regolamentati. Le PMI quotate potranno accedere a una deroga (“opt-out”) per una durata temporanea, che consentirà un’esenzione dall’applicazione della direttiva fino al 2028.

L’assetto metodologico della nuova direttiva ESG

Lo scopo della direttiva è quello di estendere le prospettive di trasparenza in rapporto alla tematica ambientale, sociale e di governance, di fronteggiare il fenomeno del greenwashing e di potenziare l’assetto sostenibile nel comparto economico del mercato europeo.

L’impianto metodologico della direttiva estende il margine entro il quale rendicontare l’impatto ambientale e sociale delle imprese, seguendo il concetto della doppia materialità. Il suddetto principio prescrive, da una parte, la quantificazione dell’impatto delle imprese sull’assetto socio ambientale (impact materiality) e, dall’altra, la descrizione delle conseguenze delle variabili di sostenibilità (ESG) sui contesti economici e finanziari delle attività aziendali (financial materiality).

Secondo Jozef Síkela, ministro dell’Industria e del commercio della Repubblica Ceca, la nuova disciplina indurrà le imprese ad avere una maggiore consapevolezza del loro impatto sulla società, favorendo contestualmente lo sviluppo di un’economia capace di rispondere alle esigenze delle persone e dell’ambiente. L’impatto ambientale e sociale delle organizzazioni sarà reso noto al pubblico, ma i nuovi requisiti sembrano adattarsi alle dimensioni delle imprese, le quali avranno un tempo transitorio sufficiente per adeguarsi al quadro istituzionale.

Si tratta di un segnale importante e rivoluzionario che pone le imprese nella condizione di comunicare informazioni particolareggiate sulle tematiche di sostenibilità e che contestualmente condurrà a una più facile transizione verso l’economia sostenibile, evitando di fatto divergenze nelle modalità di definizione normativa. Possiamo confermare che la divulgazione, da parte delle imprese, di chiare indicazioni circa l’impatto che l’attività aziendale imprime sul benessere sociale e ambientale fornirà agli investitori spunti interessanti per giungere a decisioni razionali in materia di sostenibilità.

Nuova direttiva ESG, requisiti in materia di informativa per le società

La normativa che fa riferimento alla comunicazione societaria sulla sostenibilità potenzia le discipline attuali legate alla comunicazione di notificazioni di natura non finanziaria promosse dalla direttiva sulla comunicazione di informazioni non finanziarie del 2014, non più adatta a perseguire l’ideale di transizione europea verso l’economia sostenibile.

La direttiva incoraggia coercizioni più stringenti nelle modalità di comunicazione di informazioni, da parte delle PMI quotate e delle grandi imprese, più dettagliate in relazione alle tematiche di sostenibilità, in particolare sui diritti ambientali, sociali e sulle variabili di governance.

La nuova disciplina in materia di comunicazione sulla sostenibilità verrà applicata, come accennato, a tutte le grandi imprese e a tutte le PMI quotate in mercati regolamentati.

In relazione alle società non europee, il vincolo di rendere disponibile una rendicontazione sulla sostenibilità è riservato alle imprese che conseguono ricavi netti superiori a 150 milioni di euro in Unione Europea e che possiedono almeno un’impresa figlia che declassa favorevolmente soglie prestabilite. Queste società sono obbligate a dichiarare formalmente i loro impatti sull’ambiente, società e sui fattori di governance (“ESG”).

Nello specifico, la nuova direttiva è rivolta alle imprese che possiedono almeno due requisiti previsti:

·   numero di lavoratori dipendenti che supera le 250 unità;

·   patrimonio di oltre 20 milioni di euro e un fatturato superiore a 40 milioni di euro;

· infine, devono conformarsi alla Csrd anche tutte le PMI quotate in un mercato regolamentato all’interno dell’UE, con più di 10 lavoratori e un fatturato di oltre 20 milioni di euro.

Queste società, che rientrano nel perimetro della Csrd, devono dichiarare il loro impatto sulla società compatibilmente alle metriche europee di rendicontazione della sostenibilità (Esrs) sotto la consulenza tecnica dell’Efrag. Allo stesso tempo, devono essere rispettate anche le necessità informative che derivano dalla Sustainable finance disclosure regulation (Sfdr), dalla Eu Taxonomy regulation e dal Banking capital requirements regulation (Crr).

Oltre alle tematiche ambientali, al centro delle politiche aziendali è necessario prestare attenzione al benessere dei dipendenti, quale strumento strategico da utilizzare a favore della produttività imprenditoriale. Alla stregua di prestabilite politiche di welfare, destinate a garantire la salute psicofisica dei dipendenti, il people caring è diventato ormai una priorità in risposta anche alle innumerevoli rivendicazioni espresse in ambito ESG.

Attraverso la promozione del benessere, le opportunità di apprendimento continuo, l’erogazione di servizi a supporto della famiglia e facendo leva su meccanismi di comunicazione interna il welfare per i dipendenti si configura come asset principale nelle politiche ESG.

Nel tentativo di perseguire il “successo sostenibile” e la creazione di valore a lungo termine, LianeCare considera il capitale umano quale corollario dialogico con l’intero ecosistema imprenditoriale rivolto soprattutto all’integrazione delle istanze ambientali, sociali e di governance nella strategia e nelle politiche delle organizzazioni.

Allontanando radicalmente l’idea di descriverlo come una mera risposta “opportunistica” di natura fiscale, oggi è fondamentale inquadrare il welfare come intervento “sociale” di equità e protezione per la comunità aziendale.

In particolare, le soluzioni di LianeCare consentono:

• un supporto concreto alle aziende per il raggiungimento degli SDGs 3-4-5-8-10;

• ricadute sull’impatto sociale delle proprie iniziative;

• allineamento con gli indicatori del Global Reporting Initiative (401.1/.2/.3- 403.6 e 405.1);

• miglioramento della produttività e del clima aziendale.

Con LianeCare è possibile accedere a una piattaforma intuitiva, orientata al people caring e che contribuisce quotidianamente a erigere organizzazioni resilienti, favorendo le esigenze e le aspettative della popolazione aziendale attiva nel ruolo di cura e assistenza ai propri cari.

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