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28 Aprile 2023 |

Quiet quitting, come il welfare aziendale aiuta a limitare il burnout

Dopo l’era della Great Resignation, si sta assistendo alla nascita di un nuovo termine di tendenza, il Quiet Quitting, che sta rapidamente guadagnando popolarità grazie alla sua esposizione sui social media, in particolare su TikTok. Questo fenomeno vede ancora una volta i dipendenti al centro dell’attenzione e si sta diffondendo in modo capillare dalla scorsa estate, con l’hashtag #quietquitting che ha già raggiunto un impressionante numero di visualizzazioni, pari a 8,2 milioni.

Quiet Quitting, di cosa parliamo?

Il termine “Quiet Quitting” può risultare ambiguo e fuorviante se interpretato in senso letterale. Non si riferisce alla semplice volontà di svolgere il minimo sforzo lavorativo possibile o di lasciare il proprio lavoro, come potrebbe suggerire una traduzione letterale. In realtà, la definizione del termine è stata oggetto di discussione tra gli americani, come dimostra un sondaggio condotto da YouGov nel mese di agosto 2022 su un campione di 1000 impiegati statunitensi.

Secondo il sondaggio, il 56% degli intervistati non aveva mai sentito parlare del termine “Quiet Quitting”, mentre tra coloro che ne avevano sentito parlare, le opinioni erano discordanti sulla sua reale definizione. Il 37% dei partecipanti al sondaggio credeva che il “Quiet Quitting” si riferisse al minimo sforzo lavorativo necessario per evitare il licenziamento, mentre il 19% pensava che indicasse il rifiuto di svolgere attività extra senza retribuzione. Inoltre, un quarto degli intervistati ha interpretato il termine come l’atto di dimettersi in modo silenzioso e senza comunicarlo a nessuno.

Quiet Quitting vs Great Resignation

Il Quiet Quitting, noto anche come “coasting“, si presenta in opposizione alla “hustle culture“, un concetto originario degli Stati Uniti che promuove la dedizione totale al lavoro.

In pratica, il Quiet Quitting rappresenta l’opposto dell‘employee engagement e spesso porta i lavoratori a soffrire di burnout e ad abbandonare il lavoro. Il Quiet Quitting può essere riconosciuto come una sorta di cinismo o apatia da parte dei dipendenti nei confronti del lavoro, che preferiscono rimanere in silenzio piuttosto che condividere idee e suggerimenti. Secondo un rapporto di Gallup del 2022, solo il 14% dei dipendenti in Europa è veramente coinvolto nella propria attività lavorativa. 

Uno studio condotto dalla Harvard Business Review analizza il Quiet Quitting da un punto di vista diverso: il fenomeno delle “dimissioni silenziose” non è tanto determinato dalla volontà dei dipendenti di lavorare di più o di meno, né dalla loro affezione per il lavoro, quanto dalla capacità dei manager di creare una relazione con i propri collaboratori che non li spinga a contare i minuti che mancano all’uscita dall’ufficio. Secondo l’analisi dei dati del 2020 su 2.801 manager, la tendenza dei dipendenti a fare solo il minimo indispensabile era più comune nei contesti in cui i capi non erano in grado di bilanciare gli obiettivi commerciali con i bisogni e le priorità dei propri dipendenti. Al contrario, il fenomeno era molto meno diffuso in contesti lavorativi in cui esisteva maggiore empatia e complicità tra manager e dipendenti.

Generazione Z e Quiet Quitting 

In particolare, i giovani non sembrano più interessati a svolgere attività lavorative aggiuntive al di fuori degli orari stabiliti, né a dedicare il loro tempo libero a progetti aziendali o responsabilità extra. L’importanza di dimostrare il proprio valore ai datori di lavoro e di contribuire al miglioramento della qualità dei servizi sembra essere meno rilevante per la Generazione Z. Questi giovani sembrano privilegiare la libertà di gestire il proprio tempo e di dedicarsi alle proprie passioni rispetto alla ricerca del guadagno economico come priorità assoluta nel mondo del lavoro.

Work life balance, quello che cercano i dipendenti

Secondo la ricerca “Global Workforce of the Future” condotta da Adecco nel 2022 su un campione di 34.200 partecipanti in tutto il mondo, la maggioranza dei dipendenti (61%) ritiene che il loro salario sia insufficiente e non adeguato alle proprie aspettative. Questo ha portato a un aumento delle cosiddette “dimissioni silenziose”, ovvero quegli atteggiamenti che limitano l’impegno e la produttività in ufficio a causa di una scarsa motivazione personale. Più della metà dei dipendenti (51%) sta cercando un secondo lavoro, mentre il 49% cerca di trovare una nuova posizione lavorativa che offra uno stipendio più elevato. Questo dimostra che i dipendenti sono meno disposti ad accettare condizioni lavorative insoddisfacenti e senza prospettive di crescita.

È importante notare che il 75% dei lavoratori sotto i 40 anni preferisce datori di lavoro che dimostrino un interesse per il benessere dei propri dipendenti. Questa generazione di lavoratori considera sempre meno la propria carriera come l’unico fattore che definisce il proprio valore e cerca invece un equilibrio migliore tra la vita privata e il lavoro.

Come gestire il Quiet Quitting

L’attenzione per il benessere dei dipendenti costituisce un nuovo fattore che i responsabili delle risorse umane e i manager dovranno considerare attentamente per evitare nuovi quiet quitter. In questo contesto, rafforzare la cultura aziendale e condividere gli stessi obiettivi rappresentano un punto di partenza valido per gestire al meglio questo fenomeno.

Ecco, alcuni suggerimenti:

  • Obiettivi chiari e opportunità di crescita: invece di concentrarsi solo sui compiti da completare in giornata, avere una visione a lungo termine aiuta le persone a lavorare in modo più proattivo e impegnato. Per stabilire i confini tra lavoro e vita privata, è importante avere chiare le priorità e organizzarsi di conseguenza. Una volta che si conoscono le priorità, sarà più semplice individuare i fattori su cui focalizzarsi per raggiungere gli obiettivi professionali.
  • Dialogo aperto: È importante che i manager instaurino un dialogo aperto e costruttivo con i propri dipendenti. Un approccio di feedback continuo aiuta a mantenere elevati i livelli di coinvolgimento dei collaboratori e a far sentire loro di essere parte integrante dell’organizzazione. È fondamentale allinearsi sugli stessi obiettivi in modo da condividere una visione comune e evitare di dover svolgere attività al di fuori delle proprie mansioni.
  • Contatto con i collaboratori: È essenziale mantenere il contatto con tutti i dipendenti, non solo con i datori di lavoro. Anche se si lavora a distanza, è importante trovare modi creativi, come ad esempio momenti di team building, che permettano ai colleghi di interagire e di sentirsi parte di una squadra.

Durante il corso della vita professionale, tutti sperimentano l’impulso di cercare nuove opportunità di crescita e sfide lavorative. Tuttavia, al fine di promuovere il benessere dei dipendenti e migliorare la loro esperienza in azienda, è importante concentrarsi su come supportarli quotidianamente e incrementare la loro gratificazione sul lavoro. 

Ciò significa creare un ambiente lavorativo in cui i dipendenti si sentano valorizzati e motivati, e dove possano provare un senso di appartenenza e soddisfazione. In tal modo, gli individui saranno più propensi a rimanere in azienda a lungo termine e a contribuire in modo positivo al successo dell’organizzazione.

Attraverso l’offerta di servizi non imponibili per i dipendenti e deducibili al 100% per le aziende, LianeCare aiuta le aziende a trattenere risorse qualificate e a ridurre il fenomeno del quiet quitting. La piattaforma supporta le aziende nella creazione di un ecosistema completo per la piena integrazione tra vita personale e professionale dei dipendenti, garantendo un ambiente di lavoro sano e gratificante per tutti.

Attraverso i pacchetti di Self Care, Premium Care e Family Care è possibile accedere a diverse soluzioni, tra cui: 

  • Supporto psicologico dedicato (3 sedute)
  • + di 40h di formazione psicoeducativa per affrontare con serenità le sfide di vita
  • Matching con personale di caring verificato come badanti, assistenti familiari, baby sitter e pet sitter
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